giovedì 18 ottobre 2018

La glossa al Salmo XIX nel Salterio Ottaplo di Agostino Giustiniani

Colloco su richiesta di alcuni che hanno partecipato alla Meditazione, questo mio breve saggio, a cui avevo fatto cenno, pubblicato in Judentum und Umwelt, 29, Angelo Vivian, Biblische und Judaistische Studien, Frankfurt am Main, 1990. Pagg. 575-582


Agostino Giustiniani (1470-1536), genovese, domenicano, Vescovo di Nebio in Corsica, è indubbiamente la più rappresentativa figura dell’Umanismo genovese; appartiene a pieno titolo a quella schiera di studiosi e di intellettuali, che fra XV e XVI secolo, per vastità di cultura, molteplicità di interessi, vivacità di incontri e intensità di esperienze, contribuirono alla formazione di una nuova mentalità e di una nuova concezione del sapere, che contraddistinguono l’età moderna.[1]

Particolarmente rilevante fu la sua conoscenza delle lingue orientali e massime della lingua ebraica; tanto che nel 1516 fu chiamato a Parigi da Francesco I per tenere la cattedra di quella lingua, appena istituita presso il Collegio di lingue straniere da lui voluto. Nei sei anni della permanenza a Parigi, Giustiniani si segnalò oltre che come docente di lingua ebraica, anche come attento studioso di testi biblici, come traduttore dall’ebraico e come consulente editoriale presso alcune case editrici[2]. In particolare curò nel 1520 l’edizione a stampa, del testo di M. Kimki, che gli era servito per le sue lezioni, corredato dalle sue annotazioni con il titolo di Liber viarum linguae sanctae Rabbi Mosse Qimahi…cum additionibus eruditi episcopi nebiensi A. Justiniani.[3]  

L’attività di biblista del vescovo genovese era tuttavia iniziata ben prima del trasferimento a Parigi, nel periodo della permanenza nella sua città natale. Profondo studioso dei testi sacri e dei grandi commenti talmudici del medioevo, Giustiniani aveva già dato prova delle sue notevoli conoscenze in campo biblico e in campo cabalistico in un breve saggio pubblicato nel 1513, sui settantadue nomi della divinità che possono essere pensati, ma non pronunciati.[4]  

A quella data comunque Giustiniani stava già lavorando ad un’opera ciclopica, vale a dire una Bibbia poliglotta corredata da commento ai testi. In realtà poi di quest’opera che, a detta di taluni era stata completamente approntata manoscritta e che parte della quale vide Sisto Senese nel periodo del suo soggiorno genovese, uscì a stampa soltanto il libro dei Salmi.[5]



Il Psalterium Hebreum, Graecum, Arabicum et Chaldeum cum tribus latinis interpretationibus et glossis, apparve in Genova nel 1516 e consacrò la fama del Nostro a livello internazionale[6], riscosse infatti grandissimo successo presso gli studiosi del tempo che la considerarono per esattezza se non per magnificenza pari all’edizione di Alcalà del 1515 curata dal card. Ximenes. Quel lavoro poneva Giustiniani nel novero di quegli umanisti quali erano Erasmo, Lefebre d’Etaples, Reuchlin, nel resto d’Europa.

Avrebbe dunque dovuto essere l’avvio del più vasto lavoro di pubblicazione di tutta la Bibbia, Vecchio e Nuovo Testamento, secondo quei criteri individuati per il Salterio; il Nostro, come dice lui stesso, si aspettava che i prelati ricchi e i principi si dovessero muovere, lo dovessero aiutare nello sforzo di far imprimere il restante della Bibbia in quella varietà di lingue, ma la credulità mia restò ingannata, perché l’opera fu da tutti lodata, ma lasciata riposare e dormire perché appena si sono venduti la quarta parte dei libri e con stento potei ricavare i denari che avevo posto nella stampa.[7]  

Il Salterio Ottaplo - così venne presto chiamato per la disposizione in otto colonne del testo, suddiviso in quattro lingue con le traduzioni latine, una delle quali condotta originalmente dall’autore e con la colonna del commento - non ebbe dunque purtroppo ulteriore seguito in edizione stampa e presto nell’abbandono in cui fu tenuta la considerevole biblioteca del Giustiniani, lasciata in eredità alla sua patria, si persero anche le copie manoscritte.[8]

Si trattò di un lavoro ciclopico condotto dal Giustiniani nel periodo del suo soggiorno genovese, durante il quale il Nostro trovò altri umanisti genovesi che collaborarono con lui soprattutto per la stesura del testo in lingua greca, che il Giustiniani conosceva meno bene delle lingue orientali.[9]  

L’attenzione dei contemporanei si accentrò soprattutto sulla colonna delle glosse, tanto che esse furono più tardi ristampate separatamente.[10]  

E precisamente sulla glossa al Salmo XIX soffermiamo ancora la nostra attenzione.

Il Giustiniani giunto al Salmo XIX, in omnem terram exivit sonus eorum et fines orbis terre verbs eorum…, trascurava la grande tradizione interpretativa, che mantiene negli altri Salmi, e inserisce invece un dettagliato resoconto della vita di Cristoforo Colombo e della sua eccezionale avventura atlantica.[11]  

Il Salmo XIX è un inno alla potenza di Dio, al Sole e alla Torah: Dio illumina l’Universo con il fulgore del Sole e illumina l’uomo con il fulgore della Torah. Il Salmo propriamente è diviso in due parti, la prima è considerata un inno al Creatore e la seconda un inno sapienzale alla Torah; esiste tuttavia una sorta di unità tematica, che era già stata individuata dall’esegeta Kimki quando affermava che come il mondo non s’illumina e vive se non per opera del Sole, così l’anima non si sviluppa e non raggiunge la sua pienezza di vita se non attraverso la Torah.

Per la tradizione ebraica il Salmo XIX esprime come nessun altro il canto di lode di Israele verso la rivelazione storica di sé, che Dio gli ha particolarmente rivolto.[12] Per la tradizione cristiana, da S. Agostino in poi, quello è il Salmo che più di ogni altro esprime la gloria di Dio e le opere prodigiose del Signore e diviene così la manifestazione del Cristo nel tempo.[13]  

Giustiniani conosceva bene entrambe le tradizioni interpretative quando si era accinto a metter mano al Salterio e aveva ben presenti anche quelle speculazioni mistiche, simboliche e cabaliste, che nel corso del medioevo erano fiorite sia intorno al libro dei Salmi sia intorno all’aspettativa di una nuova età messianica. Il Salmo XIX in modo particolare aveva già fornito molteplici spunti per una particolare riflessione sul Cosmo, su Dio e sulla sua opera creatrice, sulla mirabile architettura della creazione, che Dio ha donato all’uomo affinché fosse da lui letta e interpretata.[14]  

Giustiniani attraverso queste conoscenze arriva ad individuare questo Salmo, con la sua sottintesa unità e con le sue valenze multiple di inno alla Creazione e alla Torah, come il più idoneo a spiegare la grandiosa avventura colombiana che, alla fine, era una lettura più completa della creazione.

Giustiniani intende peraltro porre subito su un piano non esclusivamente storico, ma piuttosto trascendentale quell’avventura spettacolare, che prima dell’uomo è opera di Dio, infatti in apertura di glossa subito Columbus frequenter predicabat se a deo electum ut per ipsum adimpleretur hec profetia…; il grande navigatore così è subito individuato come lo strumento di cui Dio si è servito per realizzare la profezia contenuta nel Salmo, ovvero di una progressiva acquisizione da parte dell’uomo della Creazione. I cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento annunzia l’opera delle sue mani…la loro voce si espande per tutta la terra, ai confini del mondo la loro parola…Per questo motivo al Giustiniani parve non alienum existimari vitam ipsius hoc loco inserere.

La vicenda di Colombo appartiene dunque secondo il nostro interprete al grande progetto divino di svelare la creazione all’uomo e soprattutto di ricondurre l’altra parte del mondo all’interno della cristianità, come infatti si affretta a dichiarare sostenendo che per opera di Colombo alter pene orbis repertus est Christianorum cetui aggregatus.

Colombo è dunque lo strumento della volontà divina che ha conquistato alla fede popoli non ancora toccati dalla Grazia. Vengono fuse in questa operazione diverse interpretazione mistiche, di derivazione ebraica e cristiana. Giustiniani conosceva quelle speculazioni mistiche che affondavano le loro radici nei circoli cabalistici degli ebrei del XIII secolo e nel pensiero di Gioachino da Fiore. Il misticismo ebraico aveva trovato nuovo vigore proprio alla fine del ‘400 ad opera di J. Abravanel e di taluni cabalisti ebrei, i quali fondandosi sull’interpretazione di un versetto di Giobbe (38,7), avevano proprio fissato nell’anno 1492 l’inizio di una nuova età.[15] E quell’anno fatale, con i suoi incredibili sconvolgimenti e soprattutto con l’esodo dalla Spagna, apparve agli ebrei davvero un anno chiave e a molti di essi non sfuggirono i legami espressi e sottintesi con la scoperta dell’America.[16]

A. Giustiniani sembra far proprie queste diverse interpretazioni e riconosce in Colombo l’uomo destinato a realizzare la profezia relativa alla completa conoscenza del creato da parte dell’uomo, momento essenziale per poter affermare l’instaurarsi di una nuova età, che avrebbe affermato a sua volta la cristianità in tutto il mondo. L’interesse del Giustiniani non è dunque storico o almeno non esclusivamente storico, il che motiva il fatto che per la narrazione della vita e dell’avventura colombiana egli abbia quasi integralmente tratto le sue note da quelle dell’annalista genovese A. Gallo.[17] Il suo spirito acutissimo l’aveva indotto a cogliere il ruolo fondamentale della scoperta del Nuovo Mondo, l’ultima parte sconosciuta del mondo, ovvero il ruolo all’interno del piano salvifico dell’umanità.

Letta in questa chiave la glossa al Salmo XIX diviene la prima riflessione in chiave apocalittica della Scoperta dell’America, fatto epocale che sollecitò non poco gli intellettuali e i movimenti religiosi dalla prima metà del ‘500 a quasi tutto il ‘700, sia pure con valenze diverse.

Giustiniani fu il primo a cogliere, secondo la grande tradizione apocalittica tardo medievale, la valenza in qualche modo trascendente ,della scoperta dell’America e a farne oggetto di una sua particolare considerazione.[18]

Guido Nathan Zazzu




Note al testo: 

[1] Sulla figura di A. Giustiniani, per certi aspetti della sua spettacolare cultura ancora misconosciuto, ho scritto un provvisorio profilo della vita, cfr. G.N. ZAZZU, Ritratto di Agostino Giustiniani, in Studi Genuesi 1986, n.4., n.s.
Sulla sua figura di studioso si possono consultare i contributi presentati in occasione del Convegno di Studi Agostino Giustiniani annalista genovese ed i suoi tempi, Genova 28-31 maggio 1982, editi in Genova nel 1984; ma in quell’occasione non fu indagata la sua attività di biblista e di profondo studioso delle lingue orientali; a questo riguardo si possono consultare i lavori di G.G. MUSSO, La cultura genovese fra il ‘400 e il ‘500, in Miscellanea Storica ligure, I, Genova, 1958, pp. 121-187 e Libri e cultura dei genovesi fuori Genova tra medioevo ed età moderna, in Atti e memorie della società savonese di storia patria, X, 1976, pp. 109-134; ora entrambi gli studi sono ripubblicati in G.G. MUSSO, La cultura genovese nell’età dell’Umanesimo, Genova, 1985.

[2] Sull’attività editoriale di A. Giustiniani a Parigi si può consultare il puntuale lavoro di A.M. SALONE, La fortuna editoriale di Mons. A. Giustiniani e della sua opera, in Atti del Convegno di Studi, Agostino…cit., pp. 137-146.

[3] Il testo fu pubblicato a Parigi, apud Gourmontium, e ne esiste ancora un esemplare presso la Biblioteca Nazionale di Parigi.

[4] cfr. A. GIUSTINIANI, Praecatio pietatis plena ad Deum omnipotentem composita ex duobus et septuaginta nominibus divinis hebraicis et latinis, cum interprete commentariolo, Venezia, De Paganis, 1513.

[5] cfr. N. GIULIANI, Notizie sulla tipografia ligure sino a tutto il sec. XVI, in Atti della Società ligure di Storia patria, IX, Genova 1869; a Pag. 56 nota 1: “nello stesso modo del Salterio, dice Michele Giustiniani, (gli scrittori Liguri, pag. 1, col. I) scrisse anco l’uno e l’altro testamento, veduto parte da Sisto Senese e parte da Corrado Gesnero”.

[6] Il testo apparve in Genova in aedibus N. Justiniani Pauli, P.P.Porrus.

[7] cfr. A. GIUSTINIANI, Castigatissimi annali con la loro copiosa tavola…, Genova, 1537, carta CCXIIII.

[8] L’eredità di A. Giustiniani, consistente soprattutto nella sua pregevole biblioteca, che come lui stesso sostiene “il paro (che sia detto senza invidia) non è a tutta Europa, come che io gli abbi (i libri) congregati dalle remotissime regioni con suprema diligenza e con maggior spesa che non si conveniva alla facultate mea…” (cfr. A. Giustiniani, Castigatissimi, op. cit. carta CCXXVr) andò presto dispersa per l’incuria dei governanti della città che l’avevano appunto ricevuta in eredità.
Di quella considerevole biblioteca ne sono rimasti soltanto due parziali elenchi stilati qualche anno appresso la morte del Nostro, quando i volumi subirono una prima frantumazione e furono depositati presso diverse biblioteche della città, cfr. F.L. MANNUCCI, Inventari della Biblioteca di A. Giustiniani, in Giornale Storico e Letterario della Liguria, 1926, pp. 263-291.

[9] Jacopo Forni e Battista Cigala sono espressamente citati dal Nostro, ma sempre negli Annali quando Giustiniani parla di sé cita come suoi colleghi di studi altri personaggi, dei quali tuttavia non possiamo azzardare una specifica collaborazione per il Salterio.

[10] cfr. Glossemata sive annotationes sparsae et intercisae in octaplum Psalterii in J. e R. PEARSON, Critici sacri sive doctissimorum virorum in S.S. Biblie annotationes et Tractatus, London, 1668, vol. 10, To IV.

[11] Il testo della nota marginale ha interessato più gli studiosi di Colombo che altro, cosi il testo è stato pubblicato integralmente in Raccolta Colombiana per il quarto centenario della Scoperta dell’America, Parte III, vol. II, Rana 1983, Narrazioni Sincrone e Coeve, CXVII, pag. 245-247.
Il testo è stato poi ripubblicato per esteso in appendice al lavoro di A. AGOSTO, Agostino Giustiniani e Cristoforo Colombo, in Agostino Giustiniani annalista…, cit.
Il senso di queste indagini era però quello di documentare l’interesse del Giustiniani per la scoperta del Nuovo Mondo e soprattutto per A. Agosto si trattava di indicare quali erano state le fonti a cui aveva attinto il Nostro per la stesura della sua glossa.

[12] Il Salmo viene ancora oggi utilizzato come canto ed inno alla Creazione nella liturgia sinagogale del Sabato e della festività.

[13] cfr. AGOSTINO, Esposizione ai Salmi, in Opere di Sant'Agostino, Città Nuova, 1967, pag 235.

[14] cfr. G. SHOLEM, Le grandi correnti della mistica ebraica, Genova, 1986, passim.
Si rammenta qui per inciso che la bibliografia sul Salmo XIX è sterminata, si può comunque a tal proposito consultare la ricca bibliografia riportata da G. RAVASI, I Salmi, Bologna, 1986, pag. 347.

[15] Diremo qui per inciso che sul libro di Giobbe si soffermò a lungo l’attenzione di Giustiniani, il quale nel periodo del suo soggiorno parigino ne curò un’edizione a stampa, Liber Beatus Job quem nuper hebraice veritati restituit A. Justiniani, Parigi, s.d., Praelum Ascensianum.

[16] Sul collegamento fra scoperta dell’America e attese messianiche nel pensiero ebraico, cfr. G. N. ZAZZU, Il Mondo Nuovo o i paesi ritrovati, in Atti del IV Convegno internazionale di Studi Colombiani, Genova, 1987.

[17] cfr. A. GALLO, De navigatione Columbi…in RR.II.SS., n.e., XXIII, parte I.

[18] Interpretazione analoga, offriva nel 1525 A. Farissol geografo e biblista, nel suo Itinera Mundi, Ferrara 1525, al cap. XIX dove appunto riferisce della spedizione atlantica di Colombo.

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