mercoledì 4 aprile 2018

Meditazione del Plenilunio dell'Ariete

Luna Piena 31 marzo H 14,37’

Pasqua degli ebrei, Pesach, è entrata la sera del 30 marzo e termina la sera del 1 aprile.

Pasqua dei Cristiani, il giorno 1 aprile.

Questa di oggi è una Luna Piena particolarissima, perché ha tante caratteristiche che la rendono speciale: andiamo con ordine, in primo luogo è la seconda Luna Piena nello stesso mese, l’evento in sé non è così raro, ma nemmeno così frequente, tuttavia è la seconda volta che questo fenomeno si ripete in questo anno, perché è già successo a gennaio, ma è anche vero che per avere una doppia Luna Piena bisognava risalire a Luglio del 2015, e prima ancora ad agosto del 2012.


Non così rara, certamente, la doppia Luna Piena nello stesso anno, tanto che si parla di anni con 13 Lune Piene, ma che accada due volte nello stesso anno è invece un fenomeno assolutamente raro, tanto più che nel 2018 la Luna Piena ha saltato un mese intero, quello di Febbraio, e questa di questa sera è così la IV Luna Piena in soli 3 mesi. Tradizionalmente la seconda Luna nello stesso mese è chiamata Luna Blu, nome che hanno dato gli astrologi americani non tanto perché appaia blu, ma per sottolinearne l’eccezionalità, forse derivando questo nome dai nativi americani, che sembra chiamassero così la tredicesima Luna Piena dell’anno.

Non è finita però. Questa Luna Piena coincide con la Pasqua dei Cristiano-cattolici (gli ortodossi festeggeranno il 7 aprile), e anche questo non è evento così comune. La Pasqua per loro cade la prima domenica dopo il Plenilunio successivo all’Equinozio di Primavera, e non è così frequente che la festività coincida con il Plenilunio; questo anno la festa, che tradizionalmente si inizia nella tarda serata di sabato, coincide perfettamente ed è la prima volta almeno in questo secolo.

La Pasqua ebraica, da cui deriva quella cristiana, è una festa che cade sempre nella Luna Piena, il 14° giorno, del mese di Nissan; ma essendo il calendario ebraico di tipo lunisolare, ovviamente produce una mobilità delle feste dell’anno liturgico, fra cui il Pesach, questo è il nome della Pasqua presso gli ebrei, per cui può cadere anch’essa fra il 25 marzo e il 26 aprile, mai però di domenica, per una serie di prescrizioni che fissano l’inizio dell’anno, in modo che non possa cominciare né di mercoledì né di domenica, per questa ragione quest’anno il Pesach è anticipato a sabato e siccome le giornate nella cultura ebraica iniziano con il tramonto del giorno precedente, Pesach entra la sera del venerdì e si concluderà domenica al tramonto, durando questa festa due giorni.


Una bella sequenza di coincidenze portano dunque questa Luna Piena ad essere particolarmente seguita e celebrata in differenti modi da molti milioni di persone.

Il Pesach è la celebrazione in ricordo del passaggio degli ebrei del Mar Rosso, ovvero della uscita dall’Egitto dove erano schiavi, verso la libertà come popolo sotto la guida di Jahvé.


La Pasqua è la festa della resurrezione, e coincide con quella ebraica in quanto inizia con la celebrazione dell’Ultima Cena, che altro non è se non la celebrazione del Pesach da parte di Gesù e dei suoi discepoli. Dalla liberazione dalla schiavitù, alla liberazione dal peccato originale.


Liberazione, dunque la potremmo assumere come tema per questo nostro incontro, per collocarci in linea con quanti affidano la loro partecipazione alla meditazione del plenilunio e sono tanti in tutto il mondo, la speranza di un mondo migliore, che, detto così, semplicemente, può risultare persino banale; eppure banale non è. Se torno a riprendere il legame fra Pesach e Pasqua cristiana, ciò che univa ha creato anche divisione talvolta insormontabili, se andiamo avanti e guardiamo sul calendario il giorno che i Cristiani celebrano la Pasqua troviamo che i Cattolici la celebrano il 1 aprile, gli ortodossi il 7. E lo ricordo solo di sfuggita: dietro a queste date si situano secoli di conflitti, di sopraffazioni, di guerre, date divise pertanto da una linea di sangue.

E allora non è così banale immaginare un mondo migliore in cui l’essere religione non si frammenti nell’essere religioso, con quello che ne consegue, prima di tutto l’immaginare che essere religioso sia equivalente ad essere superiore, più giusto, in un percorso di competizione che inevitabilmente diviene rivalità.

Libertà è termine che deriva dal latino libertas, a sua volta derivato da liber uomo, legalmente libero ovvero chi non è servus, schiavo. Lo schiavo dipende da qualcuno e soprattutto non gode di alcun diritto, libero invece è colui che gode della libertà, intesa come capacità di autodeterminazione e privo di costrizioni. La filologia indica che libertà libertas ha la stessa radice lib- che è propria di parole come liberalità, libidine, libare tutte parole che rimandano all’idea di piacere, di gradimento, il che ci induce a considerare la libertà come la condizione di chi può decidere a suo piacere della propria persona, di chi può godere della propria autodeterminazione, senza costrizione alcuna.

I tempi nostri non sono ancora tali per cui si possa dire che ogni uomo è libero; non soltanto perché in molti luoghi non si ha la libertà di professare la religione di appartenenza o di non professarne alcuna, ma anche perché, e questo accade anche in paesi cosiddetti liberi, in realtà non si ha il potere della propria autodeterminazione o si è comunque in condizione di costrizione; laddove infatti non si abbiano risorse economiche adeguate, si finisce in una condizione di costrizione o di dipendenza da altri, ovvero si torna ad essere servi.

L’Ayurveda nel suo primo libro conosciuto, il Charaka Samhita, fa propria questa idea quando sostiene che ogni uomo deve affrancarsi dal bisogno economico e dalle costrizioni che la sua assenza induce, se vuole poter evolvere nella sua vita spirituale. 
La libertà si ha, si ottiene e si mantiene nell’affrancamento dal bisogno, e solo in questo modo si può evolvere verso la pienezza dello Spirito.

Ecco dunque che sedersi intorno durante il plenilunio con questa consapevolezza che tanti in tante altre parti del mondo, stanno compiendo lo stesso rito, al di là di religioni di appartenenza, vuoi per nascita, vuoi per credo vissuto, al di là di ogni etnia, dicendo le stesse parole in differenti lingue, in realtà stanno chiedendo che ogni uomo goda della libertà, libertà che è assenza da costrizioni che talvolta neppure riconosciamo in noi stessi, ma che ci sono e ci condizionano, che è assenza della paura, il più importante condizionamento che spinge molti di noi, e ripeto talvolta senza neppure averne coscienza, a temere gli altri, a desiderare ciò che gli altri hanno, a dubitare degli altri, a faticare a vivere.