sabato 22 aprile 2017

Pleniluni


"Non si trovava più la pratica della Metalmeccanica Cislaghi.

«L’altro ieri era là» gridò l’ingegner Sebasti. «Signorina Miani, cerchi un poco nella cartella delle offerte. Non sarà mica volatilizzata, no?»

«Ingegnere, è mezz’ora che la cerco: Le ripeto, qui non c’è»

«Dia qui, dia qui, lasci vedere a me… Accidenti, ma dove ha gli occhi, signorina?… Non ha visto che è qui, sopra tutte?… Ma no, accidenti, non è mica questa… Eppure… L’altro ieri era qui…» Alzò ancora la voce. «Perdio, qualcuno deve averci messo le mani in queste carte!»

Alzò gli occhi. La Miani era pallida, il suo petto, sotto il grembiule nero andava su e giù per l’ansito. Quindici anni che lavorava in ditta, ed era ancora intimidita, bastava che il Sebasti si agitasse, e lei tremava come una bambina.
«E non tremi così, capito? Ha paura che io la mangi?»
«Ma io… » balbettò la signorina «no str… tra… ff…»
«Che cosa sta dicendo? Venga qui, non si capisce neanche quel che dice…»
Pensò: adesso la prendo per un polso, la tiro contro a me e le do un bacio. Finalmente. Quindici anni che ci penso. Se non oso stasera che gli altri se ne sono andati. Sbirciò l’orologio elettrico sul muro: le otto e dodici.
In quell’attimo lo prese un batticuore. E una sensazione strana nella testa, come se gli pompassero il cervello. Barcollò. Proprio adesso!, pensò, Sarebbe bello che mi venisse un male.
«Signorina, per piacere, un bicchiere d’acqua.»
Spaventata la Miani corse a prenderlo. Dominandosi, egli si mantenne in piedi. Sono gli anni, pensò, non sono più quello di una volta.
La ragazza rientrò. Il bicchiere d’acqua in mano, stava dinanzi a lui, fissandolo, le labbra un po’ socchiuse.
(Però anche lei – pensò Sebasti – che pelle stanca sotto gli occhi.)
Per respirare aprì la finestra che dava sul cortile della vecchia casa ottocentesca. Entrò un fiato d’aria gelida. Fuori era la notte, e la notte era inondata dalla luna. All’insaputa di lui, della impiegata, del portinaio, del sindaco, del capo della polizia, del vescovo, della popolazione intera: una luna pura e splendida illuminava la città. Era come un immenso sguardo immobile. E a quella luce misteriosa anche i muri dello squallido cortile diventavano poesia.
Poesia anche le secchie, le scope, le scalette accatastate sui balconi, e i panni ad asciugare, penduli. Poesia anche l’ombra fitta nell’angolo dove i muratori avevano lasciato il carretto a mano. Palazzo di Bagdad, reggia felice, ricchezza, sogni. E dietro quelle finestre chiuse gli sconosciuti amori! Nulla era cambiato dai tempi lontanissimi che lui era bambino, la stessa luce, lo stesso incanto, e dentro lo stesso struggimento indefinibile. In quel mentre nell’ufficio il telefono cominciò a chiamare. Stanchissimo, egli si passo una mano sulla fronte".

(da "In quel preciso momento", 1955)

DINO BUZZATI

mercoledì 5 aprile 2017

Plenilunio di Pasqua


Il primo Plenilunio dopo l’equinozio di primavera determina la Pasqua.

La Pasqua degli ebrei (Pesach) cade infatti il 14° giorno del mese di Nisan; siccome i mesi nel calendario ebraico iniziano con la Luna Nuova, il quattordicesimo giorno coincide con il Plenilunio. Pesach, festa rituale che ricorda la liberazione degli ebrei dalla schiavitù in Egitto e il suo esodo verso la Terra Promessa rappresenta il momento chiave della riscossa degli ebrei, sotto la protezione del Signore, come si può leggere nel Libro dell’Esodo. Dio, tramite Mosè, indica agli ebrei come essi potranno abbandonare lo stato di schiavitù in Egitto e iniziare il loro percorso di liberazione, malgrado la ferma opposizione del faraone. Dio manda a dire agli ebrei di segnare lo stipite delle loro case con il sangue dell’agnello sacrificato "Io vedrò il sangue e passerò oltre, colpirò invece con il mio castigo l'intero Egitto e a voi non succederà niente". L’espressione biblica passare oltre nella lingua ebraica, in cui l’Esodo è scritto originariamente, è appunto resa con il termine Pesach. 

La Pasqua cristiana che celebra invece la resurrezione di Gesù, fu fissata dal Concilio di Nicea nel 325 d.C. nella prima domenica dopo il primo Plenilunio successivo all’equinozio di primavera. La celebrazione della Pasqua presso i Cristiani segue un rituale molto preciso, che prevede un periodo di preghiera e di digiuno, la Quaresima, che dura appunto 40 giorni, e termina con il Giovedì Santo che ricorda la celebrazione del Pesach da parte di Gesù, secondo il rituale ebraico, chiamata nella liturgia cristiana Ultima Cena, al termine della quale Gesù fu arrestato processato e messo a morte tramite crocifissione, di cui resta memoria nella liturgia del Venerdì Santo (Via Crucis), per resuscitare appunto la domenica seguente.

Entrambe sono comunque festività che rappresentano un passaggio, un cambiamento di stato. Il Plenilunio ancora una volta rappresenta una condizione di profonda meditazione sulla condizione umana e sulla possibilità che ad ogni individuo si apre di poter cambiare, uscire dalla condizione di schiavitù in cui si trova per scegliere una dimensione differente, di libertà e di autonomia. Può sembrare enfatico parlare di schiavitù, eppure la schiavitù non si identifica soltanto con la perdita della libertà e il dover servire in catene un padrone; schiavitù è anche la condizione umana che corre dietro a molteplici impegni, molti dei quali assolutamente privi di qualsiasi contenuto; schiavitù è farsi condizionare dalle mode che impongono divise, giochi, modelli di identificazioni e di appartenenze; schiavitù è diventare preda di obblighi senza i quali non si può continuare a vivere, e che oggi preferiamo chiamare dipendenze, ma il mutare nome non muta la sostanza.

Il Plenilunio nella storia dell’Umanità indica che anche dalle condizioni che maggiormente ci incatenano si può uscire, ci si può liberare per guardare verso una nuova prospettiva di vita fondata sulla libertà.